Il 9 dicembre di 90 anni fa nasceva Manlio Sgalambro, un grande filosofo e amico.
In anteprima, una testimonianza di Gianluca Magi sull’amico scomparso il 6 marzo 2014. L’articolo sarà pubblicato gennaio 2015 nel volume Omaggio a Sgalambro.
Buona lettura!
Un ricordo determinante
di Gianluca Magi
Gli incontri e le condivisioni con Manlio Sgalambro sono stati numerosi.
Con una certa frequenza, ci sentivamo telefonicamente per parlare di filosofia.
Ha onorato con il suo insegnamento la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini, la cui direzione scientifica la condivido con Franco Battiato.
«Non terrò una lezione. Vi darò una lezione!»: era il suo incipit. E aveva ragione.
Anni fa, quando mio figlio Cristoforo aveva, se non ricordo male, otto anni, forse nove, andammo con la mia compagna a fargli visita a Catania, in Piazza Vittorio Emanuele, prima di recarci a Milo.
Ci accolse nel suo studio, tra fogli sparsi, libri aperti sulla scrivania e pareti soffocate da libri sino al soffitto.
Senza troppe cerimonie, fece accomodare sul divano Cristoforo e la mia compagna; me al suo posto, lui su una spigolosa poltrona. Faccia a faccia.
Senza perdere un minuto di tempo, se non quello necessario per sederci, lanciò il guanto speculativo di sfida. Desideroso di ingaggiare una disputa filosofica. Che ancora non presagivo all’ultimo sangue.
«Orbene, occorre fin da subito intenderci sulla terminologia in un confronto fra tradizione filosofica occidentale e quella orientale, ammesso che quest’ultima ne abbia una, nel senso del termine “filosofia” concepito in Occidente» – esordì con piglio ruvido e volto caprigno – «L’idea di “concetto” nel suo spirito del tedesco Begriff, di artigliare la cosa, di un cum-cìpere, di ghermire una certa sfera, le sembra forse presente, caro dottor Magi, nella filosofia orientale?».
«Al pari della chiarezza terminologica, occorre distinguere anche le tradizioni di pensiero sussunte nell’espressione impropria al singolare filosofia orientale, che sarebbe più propria declinata al plurale: filosofie orientali. Dunque, è necessario procedere per gradi e differenziazioni critiche», risposi, cominciando a comprendere che quella non sarebbe stata una chiacchierata su che tempo che fa o su quanto è buona la granita di gelsi neri.
Era una vedetta che scruta da un luogo remoto per comprendere, animata dalla forza di snidare la verità delle cose, sino al suo nucleo più crudele, quello in cui la verità non è più in tua compagnia.
Le sue implacabili osservazioni virarono il nostro confronto in duello a colpi di spada, fendenti di sciabola e fuoco di pistola speculativa.
Come i due ussari dei Duellanti di Joseph Conrad (o di Ridley Scott, per chi ama il cinema), ci sospingemmo anche in territori impervi del pensiero.
Le mazzate che sferrava il vulcanico Vecchio facevano scintillare le lame degli strumenti conoscitivi, scricchiolare le ginocchia dell’intelletto.
Gettati in pasto al pensiero, necessaria fu per me, dopo oltre un’ora, una battuta d’arresto. Come ad un pantragruelico simposio, a un certo punto, s’impone la necessità di digestione.
Gli occhi atterriti di Cristoforo di fronte alla cruenta disputa, offrirono il destro al mio diabolico stratagemma digestivo.
«Cristoforo, la furia filosofica del professor Sgalambro ti sgomenta?», chiesi con dissimulata premura paterna.
Mio figlio non rispose. Intuì al volo. In realtà, già amava l’intenso magnetismo che emanava dal cinismo saturnino di Sgalambro. Non disse una parola. Fingendosi ammutolito dalla paura.
Non feci in tempo a porre la domanda che Sgalambro si alzò di colpo dalla sua spigolosa poltrona.
Si avvicinò a Cristoforo, e gli accarezzò delicatamente il capo. Sul suo volto, un tenero, lieve sorriso. Di chi si prende cura. Per rincuorare.
Ecco! Quello è l’istante memorabile che mi si è inciso nella mente.
In quel gesto di tenerezza, di premura e attenzione ho visto il grande spessore, la straordinaria umanità (anche filosofica) di Sgalambro.
Per quanto le nostre posizioni e le rispettive conclusioni fossero talvolta divergenti, proprio per questo amavo la sua presenza e il nostro confrontarci.
Le visioni antitetiche, proprio perché antitetiche, arricchivano l’orizzonte.
Sgalambro era un sublime stimolo al pensiero. Non solo un amico.
Il pungolo corrusco del Grande Vecchio mi manca…
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