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Carne degli dèi


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Gli Aztechi avevano il culto dei funghi.
I primi preti che giunsero in Messico con Hernán Cortés dichiararono che i funghi erano la «carne del demonio che essi veneravano e che con questo cibo amaro ricevevano il loro dio crudele in comunione».
Gli indios vennero interrogati e torturati al fine di confessare quella pratica; le pregevoli pietre-fungo in basalto lavorato furono distrutte.
Nel 1620 la chiesa cattolica romana dichiarò che l’uso delle piante per uso sacramentale era «un atto di superstizione condannato in quanto opposto alla purezza e all’integrità della nostra Santa Fede Cattolica».
Perché la chiesa reagì con tanta violenza all’uso sacramentale dei funghi?
La parola in lingua nāhuatl per «fungo» è «carne degli dèi».
Questa parola suonò alle orecchie degli spagnoli come una sfida diretta al sacramento cristiano, inteso anch’esso come <carne dell’unico Dio>. Una minaccia all’autorità per la chiesa cattolica romana.
Eppure, il sacramento con i funghi godeva di un vantaggio inoppugnabile rispetto alla versione cristiana.
Occorre infatti un atto di fede per credere che consumare il pane e il vino dell’eucarestia consegni al fedele un accesso al divino; accesso inoltre mediato da un prete e dalla liturgia.
Mentre un fungo psicoattivo garantisce a chiunque lo mangi un accesso diretto e non mediato al divino, a visioni d’un altro mondo, d’un regno degli dèi.
Chi aveva dunque il sacramento più potente?
Un indio mazateco disse al celebre etnomicologo Robert Gordon Wasson: «I funghi ti portano là dove dimora il Divino».

Gianluca Magi per “Gioco dell’Eroe” – Livello 4.
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